L'intervista. Operatori sociali in rivolta a Napoli: “Inziamo lo sciopero della fame”
“Le politiche sociali non sono marginali, né possono essere considerate solo un investimento a perdere, ma al contrario rivestono un ruolo centrale per promuovere le condizioni di partenza della crescita di un territorio e per garantire la legalità e giustizia sociale”. Con queste parole ha inizio il comunicato stampa del Comitato “Il Welfare non è un lusso”. (Ornella Esposito)
Il Comitato "Il Welfare non è un lusso", si è costituito da alcuni anni in Campania per combattere i tagli al sociale (ma sarebbe più appropriato parlare di un vero e proprio smantellamento dell'intero settore), e per chiedere con forza “un più forte investimento di risorse economiche ed una efficace programmazione per lo sviluppo del sistema integrato dei servizi sociali e sanitari”.L’intera filiera del sociale è ormai al tracollo. Chiudono i servizi per minori, disabili, anziani, e centinaia di persone perdono il lavoro a causa dei tagli indiscriminati operati a livello nazionale e locale dagli enti pubblici, ma anche per gli insostenibili ritardi nei pagamenti, che hanno costretto le imprese sociali campane ad indebitarsi con gli istituti di Credito in maniera spropositata ed oltre le loro possibilità.
Per questi motivi, il Comitato “Il Welfare non è un lusso”, che riunisce circa 150 organizzazioni, tra cui le reti più significative, ha deciso martedi scorso di manifestare arrivando dinanzi alla Prefettura di Napoli, dopo numerosi tentativi di dialogo con le istituzioni andati a vuoto. Ventuno dirigenti di varie sigle hanno iniziato lo sciopero della fame, promettendo di resistere fino a quando il Prefetto non riunirà attorno ad un tavolo Regione, Comune di Napoli e Asl per discutere concretamente di come salvare la filiera del sociale.
Chiediamo a Pasquale Calemme, operatore sociale, rappresentante del CNCA regionale (Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza) e membro del comitato, di farci il punto della situazione.
Pasquale, da anni lavori nel sociale, e godi pertanto di un punto di vista privilegiato. In che condizioni sono i servizi sociali e sanitari della Regione Campania?
I servizi sociali e socio-sanitari della nostra regione sono alla canna del gas: ritardi nei pagamenti che,in alcuni casi raggiungono i tre anni, mettono a rischio la sopravvivenza di servizi territoriali e comunità di accoglienza per tossicodipendenti, persone sieropositive, disabili mentali, anziani, minori, immigrati, senza fissa dimora, vittime della tratta e della prostituzione. I tagli al Welfare non lasciano spazio alla speranza e a prospettive future, basti pensare che il Fondo Nazionale Politiche Sociali è stato più che dimezzato nella legge di stabilità approvata lo scorso dieci dicembre.
Che cosa avete fatto finora per rappresentare le vostre istanze presso le istituzioni, e quali risposte vi sono state date?
Da tempo chiediamo alle istituzioni: trasparenza, un piano di rientro del debito verso il terzo settore, partecipazione alla programmazione e correttezza di rapporti nella gestione dei servizi. Ad ottobre scorso abbiamo avuto un incontro con il Sindaco di Napoli e l’Assessore regionale alle Politiche Sociali, successivamente abbiamo incontrato il commissario della Asl Na 1, poi il vice-prefetto di Napoli per la coesione sociale. Le istituzioni si erano impegnate ad effettuare tutti i pagamenti possibili,a fare cessioni del debito o certificazione dei crediti.
Perché avete iniziato lo sciopero della fame?
Perché non è stato mantenuto nessuno degli impegni presi. Riteniamo che le istituzioni locali non siano in grado più di garantire i servizi essenziali e, quindi con questo gesto estremo, abbiamo chiesto che il Prefetto convochi un tavolo interistituzionale per dichiarare lo stato di crisi e richiedere l’intervento del governo nazionale.
In un momento di crisi così profonda a livello internazionale, è logico che vengano previsti dei tagli. Quali di questi, più degli altri, ritenete inaccettabili?
E’ inaccettabile che vengano operati tagli così forti alla spesa sociale, soprattutto in una regione che è l’epicentro della povertà in Italia (come di ce l’ultimo rapporto Istat), in cui il 25% delle famiglie non è in grado di sostenere tutte le spese sanitarie, e la spesa sociale pro-capite ammonta a 32 € a fronte dei 344 della Valle d’Aosta. E’ soprattutto inaccettabile, che dinanzi a una così drastica riduzione del Fondo Sociale Nazionale, la Regione Campania non sia capace di utilizzare al meglio tutte le risorse economiche disponibili (es:.i fondi europei) e non preveda nel proprio bilancio fondi aggiuntivi.
Se le istituzioni continueranno a non fornire risposte adeguate, cosa intendete fare?
Non ci resta che licenziare gli operatori, chiudere i servizi e lasciare senza cura, accompagnamento e sostegno migliaia di persone fragili.
Ringraziamo Pasquale, e gli diciamo che siamo tutti con voi perché il Welfare non può essere un lusso, ma è questione di cittadinanza.