Azzardopoli, benvenuti nel fruttuoso mondo del gioco d’azzardo

di Ornella Esposito

Il gioco d’azzardo è la terza “impresa” italiana, l'unica con un bilancio in attivo nonostante la crisi. Ma non è tutto oro quello che luce. (Ornella Esposito)

azzardo E' stato già battezzato “Azzardopoli” il mondo, dannatamente reale, del gioco d’azzardo che con 76,1 miliardi di euro di fatturato (legale) nel 2011 ha fatto posizionare lo Stivale al primo posto in Europa, e terzo nel mondo tra i paesi che giocano di più. Il regno legalizzato della fortuna e popolato da videopoker, slot-machine, gratta e vinci e sale bingo, per i quali si spendono circa 1.260 euro procapite all’anno, offre lavoro a 120.000 persone, e muove gli affari di 5.000 aziende, grandi e piccole. Mobilita il 4% del nostro prodotto interno lordo. Questa è la fotografia contenuta nel dossier di Libera  [“Azzardopoli”, n.d.r.]  a cura di Daniele Poto. Ma i dati ancora più agghiaccianti sono: 10 milioni di fatturato illegale, 41 clan che gestiscono il gioco illegale, e 800mila persone dipendenti da gioco d'azzardo, seguite da quasi due milioni di giocatori a rischio.

Le mafie hanno fiutato l’odore dei soldi, e naturalmente hanno allungato le mani sul gioco d’azzardo. Come?

I clan si infiltrano nelle società di gestione dei punti scommesse e delle sale bingo che, in questo modo, diventano “lavatrici” del denaro sporco dei vari Bidognetti, Zaza, Mallardo, Santapaola (per citare solo alcuni dei clan coinvolti). Le organizzazioni criminali impongono il noleggio dei loro video-giochi, gestiscono le bische clandestine, ed il grande mondo del calcio-scommesse.

mettiamoci_in_giocoMa la vera novità è che la malavita acquista da normali giocatori i biglietti vincenti di Lotto, Superenalotto, gratta e vinci, pagando un sovrapprezzo che va dal 5 al 10 per cento. Impossessatasi di un bel gruzzolo di soldi legali, l’organizzazione criminale può acquistare beni ed attività commerciali esibendo alla finanza come pezza d’appoggio i tagliandi vincenti di giochi e lotterie cioè soldi ufficialmente di provenienza lecita. Non solo. Così facendo risolve anche il fastidiosissimo problema del sequestro dei beni. Menti geniali, non c’è che dire.

Chi ne fa le spese del gioco d’azzardo legale ed illegale?

"Le categorie più deboli, lavoratori dipendenti con redditi bassi, pensionati, e moltissimi giovani - spiega Don Armando Zappolini del Coordinamento Nazione Comunità di Accoglienza (CNCA ) - cioè le persone che non vedono futuro davanti a sé".

Al danno dell’assenza di prospettiva lavorativa, si unisce la beffa dello Stato che, con una maestrale operazione di marketing, incita i disperati al gioco che, ben presto, ne diventano dipendenti cadendo poi agevolmente nel girone infernale dell’usura.

Per far fronte all’autentico dramma del gioco d’azzardo (dove Stato e mafie ci guadagnano tanto)  il CNCA, insieme ad ACLI, ANCI, FICT, Gruppo Abele, Federconsumatori, CONAGGIA, CGIL, ed altre organizzazioni, ha promosso lo scorso 14 giugno la campagna “Mettiamoci in gioco” e domani, sempre nella capitale, si svolgerà presso l’Università “La Sapienza”, un seminario sul diretto rapporto tra pubblicità e gioco d’azzardo.

"Pubblicità ingannevole, peggiore di quella falsa – dice sempre Don Armando Zappolini – perché unisce la falsità al deliberato obiettivo di ingannare".

Le organizzazioni, tuttavia, non hanno soltanto denunciato il fenomeno, ma elaborato anche proposte concrete su come curare le 800mila vittime del gioco d’azzardo: «la dipendenza dal gioco deve rientrare nei livelli essenziali di assistenza. I dipendenti necessitano di cure mediche, psicologiche e sociali. Lo Stato potrebbe devolvere l’1% dei proventi del gioco per riparare ai danni diretti ed indiretti provocati dall’espansione del fenomeno cui peraltro contribuisce massicciamente».

Per maggiori informazioni, consultare il sito www.azzardopoli.it.