Innovazione Sociale: una risposta nuova a problemi emergenti

di Ornella Esposito

Intervista al professor Andrea Bassi, membro dell’Associazione Italiana di Sociologia, referente della sezione “Politiche Sociali”. (Ornella Esposito)

innovazione_sociale La “fame” aguzza l’ingegno, lo si sa da sempre. Di questi tempi, più che mai, ingegnarsi per far fronte ad una marea di nuovi bisogni sociali generati dalla crisi, ma non solo, è questione di vera e propria sopravvivenza.

Ecco quindi che nasce e si diffonde l’innovazione sociale, ben altro dal concetto di l’innovazione tour court legato alla competizione di mercato e alla logica del profitto.

“Le innovazioni sociali – come le definisce l’Unione Europea -  sono nuove idee (prodotti, servizi e modelli), istituzioni o modi di lavorare che al contempo affrontano i problemi sociali e creano nuove relazioni sociali o collaborazioni”.

Esse sono sociali sia mei fini che nei mezzi. E anche negli attori, di diversa natura come istituzioni, non-profit, società civile (volontariato, movimenti, azione collettiva, etc..), tutti allineati su interessi ed obiettivi comuni.

ServizioCivileMagazine ne parla con il professore Andrea Bassi, docente di “Sociologia delle Organizzazioni non profit” presso la Scuola di Economia dell’Università di Bologna, direttore della Summer School on Social Economy del medesimo Ateneo nonchè membro della prestigiosa e storica Associazione Italiana di Sociologia.

andrea_bassiProfessor Bassi, quali sono le parole chiave dell’innovazione sociale?
«La stessa definizione che ne dà l’UE mette in risalto la forza delle idee che influenzano processi e istituzioni rendendole idonee ad affrontare e risolvere “in modo innovativo” i principali problemi sociali presenti nella società contemporanea. Le parole chiave richiamano la capacità della intrapresa privata, della società civile di trovare risposte più efficaci di quelle messe in campo attualmente sia dallo Stato che dal mercato.
Il concetto non è “nuovo” in sé, ma il suo successo recente è da ricondurre a mio avviso alla fase di profonda crisi delle modalità di funzionamento sia della pubblica amministrazione sia del sistema economico capitalista, i quali non sono più in grado di garantire il benessere di fasce sempre più ampie di persone, anche nell’occidente sviluppato».

In quali campi trova applicazione?
«Il legame tra l’innovazione nel settore pubblico e l’innovazione sociale è particolarmente importante. Gli ambiti in cui essa si manifesta sono molteplici, ad esempio: le politiche sociali, la salute, l’educazione, la protezione dell’ambiente, sono spesso settori tipici in cui avviene l’intervento pubblico ma essi sono anche gli ambiti in cui l’innovazione sociale può fornire il proprio contributo distintivo».

Quanto la crisi economica e la drastica diminuzione di finanziamenti pubblici hanno inciso sulla nascita dell’innovazione sociale?
«A mio avviso moltissimo. In realtà ciò che distingue l’innovazione sociale da termini e concetti più noti quali “cambiamento sociale”, “mutamento sociale”, “trasformazioni sociali” sta nel suo carattere intenzionale. E’ l’intenzionalità dei soggetti che sperimentano, mettono in campo, attivano, “nuovi” modi di fare e di pensare che qualifica e distingue le pratiche di innovazione sociale dai processi continui di mutamento che la società sperimenta quotidianamente in maniera non consapevole e non voluta.
La crisi economico-finanziaria del mondo globalizzato ha mostrato la fallacia del modello neo-liberista, che pareva vincente dopo il crollo dei regimi statalisti. Occorre trovare una “terza via” e il termine di innovazione sociale pare essere un “ombrello” concettuale particolarmente fecondo in questa fase».

Di recente, l’Associazione Italiana di Sociologia di cui lei è membro, ha promosso a Bologna un convegno dal titolo “Social Innovation and Welfare” in cui sono state riportate delle buone prassi. Ce ne può illustrare una?
«Sì. Durante i lavori del convegno si è posta una particolare attenzione su due aspetti, a nostro avviso, particolarmente importanti per l’uscita dalla crisi: la integrazione sociale (di fronte alla società, multi-etnica, multi-religiosa e multi-culturale) e lo sviluppo locale (di fronte alle sfide lanciate ai territori dai flussi finanziari della globalizzazione).
Nell’ambito di queste tematiche sono state presentate ricerche che hanno analizzato esperienze di innovazione sociale particolarmente significative. Esse vanno dalla pianificazione urbana di quartieri “ad alta socialità”, a forme originali di “housing sociale”, a nuovi modelli di intervento e di mediazione culturale in situazioni di elevato degrado e disagio sociale, rivolte agli immigrati e ai giovani adolescenti “a rischio”».