Volontariato, le donne immigrate imparano l’italiano gratis a Catanzaro

di Redazione

La scuola che accoglie le donne tra i 20 e i 50 anni è ospitata dal Centro di Servizio per il volontariato di Catanzaro

penny wirton

Arrivano puntuali, in gruppo, quasi tutte insieme, pronte per la consueta lezione di italiano. Sorridono e parlano tra loro. Perché gli appuntamenti con le volontarie e i volontari della Penny Wirton di Catanzaro sono anche questo: l’occasione per ritrovarsi mettendo da parte problemi e fatiche del lavoro. Sono donne immigrate giunte soprattutto dal Marocco. Davanti alla sede del centro di servizio per il volontariato, lì dove si svolgono i corsi, c’è Rosalba, sessantatré anni, una delle docenti volontarie. “Le accogliamo senza chiedere se sono migranti regolari o rifugiate: per noi sono semplicemente persone”, dice la donna. “Loro - aggiunge - mi hanno insegnato un senso del sacrificio che non conoscevo”. E poi oltre alla didattica c’è di più: “Ci scambiamo le ricette di cucina e sono nati anche rapporti di amicizia”. Come l’amicizia tra Rosalba e Djouher, marocchina con una laurea in filosofia e la voglia di proseguire gli studi della lingua italiana per diventare mediatrice culturale.

Salvatore Ferragina, trentasei anni, nel 2013 ha portato la Penny Wirton a Catanzaro replicando un’esperienza ormai diffusa in molte parti d’Italia. Tutto nasce su ispirazione dei fondatori della scuola, Eraldo Affinati e Anna Luce Lenzi, che l’hanno creata nel 2008 a Roma, dove anche gli studenti delle scuole sono stati coinvolti nell’insegnamento grazie a progetti di alternanza scuola-lavoro. “Qui a Catanzaro - spiega Salvatore - il nostro principale uditorio è femminile, in media una quindicina di persone dai venti ai cinquant’anni di età, con diversi gradi di alfabetizzazione. Sono soprattutto badanti di nazionalità marocchina che devono imparare la nostra lingua per interagire meglio con i datori di lavoro. Le lezioni sono completamente gratuite”. Il progetto però si sta ampliando grazie al passaparola: “Oltre al martedì e al sabato - dice il coordinatore della Penny Wirton catanzarese - abbiamo messo a disposizione altri giorni della settimana per quattro giovani di un istituto superiore che non conoscono bene la lingua italiana e dunque fanno fatica a seguire i programmi scolastici”. Da qui l’idea di puntare a solide forme di collaborazione con le scuole: “Speriamo che in futuro ci possa essere un protocollo d’intesa pensando ad esempio all’alternanza scuola-lavoro per replicare l’esperienza romana”. Un’attività in crescita, quindi. Ma non sono mancate e non mancano le difficoltà: “A un certo punto - racconta Salvatore - ci siamo trovati senza una sede e senza l’attenzione delle istituzioni. Da due anni - prosegue - siamo ospiti nella sede del Csv di Catanzaro che ha dimostrato grande sensibilità”. E adesso “cerchiamo di reinventarci di volta in volta a seconda dei volontari a disposizione”. A oggi le persone che collaborano al progetto a titolo volontario sono sette, di cui cinque donne. “Non è facile trovare volontari in città, soprattutto se si tratta di volontariato puro”, commenta il giovane. Che poi sottolinea i nuovi impegni della sua squadra di insegnanti: “Ci stiamo avvicinando alla letteratura araba per comprendere meglio il mondo delle persone che vengono da noi”, dice Salvatore citando il primo romanzo in fase di lettura, “Partire”, di Tahar Ben Jelloun.

Salvatore conferma poi le parole di Rosalba: “Questa non è soltanto una scuola. Il nostro è uno scambio umano con la volontà di comprendere senza pregiudizi. Che quando ci sono, vengono meno con la pratica, interagendo con il linguaggio universale delle emozioni”. La scuola consente inoltre di aprire a nuove relazioni oltre a quelle tra persone della stessa etnia: “Qui - scandisce Salvatore - sono nate amicizie, organizziamo feste, e c’è chi si confida con noi raccontando la propria storia. Un modo per accorciare le distanze”. Volontaria alla Penny Wirton anche Fatima Zahri, ventinove anni, studentessa universitaria in mediazione culturale. “Creiamo ponti tra culture attraverso la conoscenza”, dice la donna, figlia di marocchini, arrivata in Italia con la famiglia a soli quattro anni sulle orme del padre giunto in Calabria nell’84, dieci anni prima di lei. “Per queste donne è bello sapere che c’è una di loro a insegnare”, prosegue Fatima, che si definisce “per metà italiana e per metà marocchina”. “Da immigrata di seconda generazione - aggiunge - cerco di aiutare chi è meno fortunato di me che conosco la lingua italiana e sono cresciuta in un piccolo paese, a Miglierina, dove non ho mai avuto grossi problemi”. Si sente fortunata, Fatima. Pur senza la cittadinanza italiana “su cui non ho mai concentrato molto i miei pensieri”; anche se il non avere la cittadinanza italiana “limita le mie opportunità di lavoro”. Lei intanto pensa soddisfatta al volontariato che pratica su più versanti. E pensa ancora alla sera in cui è giunta per la prima volta a Miglierina: “Ricordo le tante persone, tutte italiane, i nostri vicini, che ci aspettavano. Avevano organizzato una festicciola per il nostro arrivo in quella che sarebbe stata la nostra casa”.

(Fonte:Csvnet / Fonte foto: Penny Wirton)