Mladic in aula: “ho difeso la mia terra”. Ma la comunità musulmana chiede giustizia

di Stefano Trani

L’ex generale si dichiara “né colpevole, né innocente”. L’attuale leader serbo Tadic sostiene che la Serbia ha finalmente ottenuto la sua credibilità in campo internazionale. Ora la parola al tribunale dell’Aja. (Stefano Trani)

mladic Ratko Mladic si è presentato oggi per la prima volta dinnanzi ai giudici del Tpi dell’Aja in un completo giacca e cravatta, senza dimenticare il suo “antico” berretto. Ha affermato di essere malato, ma allo stesso tempo di non temere il verdetto dei giudici.

Ma chi è esattamente quest’uomo? Il personaggio in questione è un ex generale serbo bosniaco già precedentemente accusato nel 1995 di crimini di guerra, crimini contro l’umanità, genocidio per la guerra di Bosnia e violazione delle leggi di guerra nell’assedio di Sarajevo e nel massacro di Srebrenica. Dei suoi capi d’accusa se ne occupò a suo tempo il Tribunale Penale Internazionale per l’ex-Jugoslavia, istituito ad hoc. Tali misfatti probabilmente farebbero vacillare, riguardo una possibile sentenza con pena detentiva, anche i più ostinati sostenitori dei principi garantisti del grande giurista Cesare Beccaria.

Il generale Mladic, latitante dal 1995, è stato arrestato una settimana fa dopo ben 16 anni di latitanza ed estradato martedì da Belgrado. Al cospetto dei togati, con sfrontata fierezza ed orgoglio serbo, ha sostenuto di non essere né colpevole né innocente. Ratko Mladic, braccio esecutivo dei dirigenti politi serbi, guidò l’Armata Popolare di Jugoslavia nel corso delle guerre che causarono la frammentazione di quella Jugoslavia tanto cara al Presidente Tito. Fu comandante delle forze armate croate e nel corso della guerra in Bosnia, Capo di Stato maggiore dell’Esercito della Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina.

In udienza, il generale ha utilizzato i minuti finali a sua disposizione per proclamare al mondo la “bontà” del suo modus operandi. Evidenziando la distinzione tra una possibile pulizia etnica ed una guerra, ha poi aggiunto: “ho agito in difesa del mio popolo e del mio paese e non ho ucciso individui in quanto musulmani o croati”. Ha concluso dicendo “io sono il generale Ratko Mladic”, quasi come avesse voluto ricordare a se stesso quanto fosse stato importante per il suo popolo.

“Ho difeso il mio popolo, la mia terra...ora difendo me stesso davanti a voi. Voglio solo dire che io voglio vivere per mostrare che sono un uomo libero”: in questo modo Ratko Mladic ha scelto di presentarsi dinnanzi ai giudici, al pubblico ed ai giornalisti. Mladic ha sostenuto di essere stato trattato “da tutti con dignità e correttezza” durante la sua fuga, si è invece lamentato per il trattamento irrispettoso che gli sta riservando il Tribunale Penale Internazionale. “Ciò che mi dà fastidio di tutta questa procedura è quello che è stato scritto su di me", ha aggiunto. Il fiero Mladic ha chiesto di non voler essere aiutato a camminare dalle guardie del carcere. “Posso camminare da solo: non voglio essere accompagnato o aiutato. Posso camminare da solo: io sono il generale Rakto Mladic”, ha detto, ribadendo il suo assioma militare.

L'ex generale Mladic ha definito le accuse contro di lui “ripugnanti”. Il giudice olandese Alphons Orie ha sintetizzato in aula l’atto di imputazione che in 37 pagine riassume gli 11 reati contro l’umanità di cui è accusato. All’atroce lista di cui sopra vanno aggiunte torture, distruzione fisica e sterminio contro la comunità musulmana di Bosnia. Mladic ha ascoltato la lettura senza mai abbassare la guardia o far trapelare attimi di cedimento, al contrario, esibendosi in espressioni di disapprovazione.

Il giudice Orie ha dato al capo militare Serbo 30 giorni di tempo – come di rito ormai – per iniziare a preparare la sua difesa. «Vorrei leggere le terribili accuse contro di me», ha chiesto l'ex capo dei serbo-bosniaci rivolgendosi alla corte dell'Aja, spiegando di aver bisogno di almeno «due mesi» per poter leggere le migliaia di carte e documenti sul suo conto e preparare la difesa. «Si tratta di accuse mostruose, terribili, che non avevo mai sentito prima contro di me», ha precisato con aria incredula.

Ratko Mladic ha più volte applaudito quando il giudice Alphons Orie ha prospettato la possibilità di proseguire la seduta “in sessione privata”, senza l’esposizione al mondo via internet. Mladic ha applaudito scuotendo la testa in segno di approvazione, per poi girare il capo verso il pubblico in cerca di consensi. Nella sessione privata, Mladic vorrebbe parlare delle sue attuali condizioni di salute.

Del resto come la storia insegna, l’esposizione mediatica non è mai stata l’opzione preferita di statisti e capi militari. La soluzione in Camera di Consiglio ha spesso rappresentato una non trascurabile ancora di salvataggio per poter impostare un’efficace strategia di difesa: I civili si espongono, i militari mai.

Ratko Mladic, fino alla caduta del vecchio regime di Slobodan Milosevic, girava liberamente e pareva fosse protetto dalle autorità. Questo è ciò che sostiene il presidente serbo Boris Tadic, accusando il vecchio regime di aver coperto l’ex comandante serbo bosniaco. “Negli ultimi sedici anni (gli anni di latitanza) a Belgrado si sono alternati svariati governi. In Serbia vi è stata la tanto agognata rivoluzione democratica, e 16 anni fa al potere vi era Slobodan Milosevic”, ha detto il presidente Tadic in una intervista all’emittente Euronews.

Tadic sostiene che fino al 5 ottobre 2000 (il giorno della caduta di Milosevic) Ratko Mladic girava indisturbato per le strade, ergo, pare sia decisamente chiaro ed inconfutabile che lo stesso godeva della protezione dalle autorità di allora. “Questa inchiesta è stata estremamente dolorosa per la Serbia, il prezzo morale pagato di fronte alla comunità internazionale è stato estremamente alto, e noi abbiamo perso per questo molti investimenti negli ultimi anni", ha con tristezza ammesso Tadic. L’attuale presidente ha aggiunto che con la cattura di Mladic la Serbia ha finalmente dimostrato la sua ferma volontà affinché si ripristini la sua credibilità nel campo internazionale.

Il primo problema alla griglia di partenza è stato di natura anagrafica. Alla domanda sulla sua data di nascita, Mladic ha risposto, in maniera decisamente singolare, di essere nato “il lunedì di Pasqua del 1943”. A quanto pare però, secondo i documenti presenti nella cancelleria del Tribunale, risulta invece essere nato il 13 marzo del 1942. “Non è la data corretta”, ha ribadito Mladic.

Sono giunte in sei da Sarajevo, colme di dolore, solo per incrociare gli occhi di Ratko Mladic e chiedere giustizia per i figli, i mariti e familiari uccisi nel luglio del 1995 a Srebrenica: tante vite spezzate in un luogo intriso di sangue. Da 16 anni le “Madri di Srebrenica” non smettono di portare la loro testimonianza perché sulla tragedia che ha sconvolto la loro vita e quella della enclave musulmana bosniaca non cali il silenzio. “Vi ricordate il genocidio di Srebrenica?” La domanda è riportata sopra un grande pannello che mostrano davanti al Tpi all’Aja.

Accanto, una foto di Mladic, quando era il capo militare indiscusso dei serbo bosniaci, con sopra una scritta: “Mass Murderer”, assassino di massa. Per loro il processo è già finito, la sentenza già scritta. Tuttavia per la giustizia internazionale, oggi è solo l’avvio di un lunga fase processuale che si completerà tra qualche anno. Speriamo solo che tale iter non si tramuti in un imperdonabile diniego di giustizia.