Elezioni in Polonia: i liberali si riconfermano, la destra nazionalista fa proclami, gli anticlericali sono l’alternativa

di Stefano Trani

Dieci giorni fa il governo uscente si è riconfermato alle elezioni politiche, ma il leader ferito della destra populista ed austera promette un ribaltone in stile Budapest. Gli anti clericali diventano il terzo polo. (Stefano Trani)

Il_premier_Donald_Tusk_e_il_leader_del_partito_di_opposi_zione_Jaroslaw_Kaczynski La Polonia è l’unica grande economia europea a non aver subito gli effetti della devastante recessione, la seconda locomotiva dell’Unione Europea dopo la Germania, diventata di diritto la “seconda Germania” ed è il paese-guida del Nuovo Est capitalista. Qui non ci sono studenti armati giustamente in collera, come accade sull’altro versante Europeo.

In ogni caso non sempre un successo economico ed una buona democrazia bastano per esser certi della vittoria. Circa 8 giorni fa il governo liberale ed europeista del primo ministro Donald Tusk rischiava di non riconfermarsi. I maggiori esperti di politica e di sondaggi non escludevano la possibilità di un sorprendente ribaltone, determinato dalla forte presa che la politica populista del partito della destra clericale avrebbe potuto avere su determinate classi sociali, soprattutto nelle difficili regioni dell’Est del paese.

Gli avversari, conservatori ed euroscettici di Jaroslaw Kaczynski, contavano su una vittoria di misura. Alla fine i liberali hanno vinto superando la destra conservatrice di ben 10 punti. Tuttavia non possono essere trascurati i dati che sono emersi dalle elezioni: non si è ancora formata una sinistra democratica e progressista – il partito morente di sinistra SLD risveglia troppi brutti ricordi -  come negli altri paesi europei; il partito di destra clericale ed omofoba di Kaczynski rappresenta comunque quasi il trenta percento del paese; è nato un movimento radicale ed anticlericale – fino a qualche anno fa impensabile nel quartier generale di Karol Wojtyła – che si conferma come una solida alternativa al cattolico Tusk.

Dal 1989, anno in cui vi furono le prime elezioni libere dopo la caduta del regime, nessun partito o coalizione era riuscito a riconfermarsi  alle elezioni politiche. Tusk, l’ex teenager  di Solidarnosc ai tempi della rivoluzione democratica (1980-1989), è riuscito col suo partito europeista Po (Piattaforma dei cittadini), forte dei numerosi primati ottenuti dal Paese negli ultimi 4 anni di legislatura, ad ottenere un secondo mandato.

Il premier parla tedesco ed inglese, si dà del tu con la Merkel, Il suo partito all'Europarlamento appartiene ai Popolari europei come la Cdu della cancelliera. Quattro anni fa Tusk convinse l’elettorato riguardo i vantaggi di una politica europeista, percorse la strada dell’amicizia con la Germania, fu sempre vicino a Bruxelles e tentò la difficile riconciliazione con l’imperialista Mosca, nonostante le dure posizioni iperclericali ed omofobe della destra dei gemelli Kaczynski (allora entrambi vivi) danneggiavano l’immagine della Polonia. Da allora, l’economia polacca è stata l’unica della UE a superare la crisi del 2008-2009 con un PIL positivo, il benessere crescente ha creato un ambiziosissimo ceto medio, i giovani laureati che erano emigrati nel Regno Unito, o in Irlanda sono in gran parte tornati a casa.

La novità è senza dubbio il radicale Palikot, un transfuga del partito del premier liberal-cattolico. Palikot, proclamando i valori laici del suo partito, la fede nel libero mercato, strizzando l’occhio alle coppie di fatto ed alla legalizzazione delle droghe leggere , conquista sorprendentemente il 10 percento dell’elettorato. I prossimi mesi saranno itineranti per valutare l’affidabilità del movimento in questione.

Con circa 38 milioni di abitanti, un PIL che è un terzo di quello italiano e soprattutto conti pubblici – a differenza di quelli italiani – in ordine, la Polonia è tornato un paese di peso nel panorama politico europeo, così come lo fu prima della drammatica occupazione nazista del 1939.

Dopo l’elezione di Karol Wojtyla a pontefice, gli  operai in sciopero guidati da Lech Walesa e gli intellettuali dell’opposizione fondarono Solidarnosc , il primo movimento non violento nell’Est Europa. A quei tempi l’inflazione era spaventosa, la povertà ovunque. Necessarie riforme economiche portarono al risanamento e all'aggancio della valuta zloty prima al marco tedesco e poi all’euro. Il ceto medio e l’imprenditoria sono rifiorite, l’economia  è costantemente in dialogo con quelle tedesca, francese, italiana, britannica, statunitense, giapponese e della Corea del Sud.

Ma non sempre lo sviluppo economico cammina di pari passo con il progresso culturale. Il paese è ancora lontano dall’essere una democrazia politicamente laica e culturalmente all’avanguardia, la Chiesa infatti ha sostenuto il partito dell’opposizione (PiS, Legge e Giustizia, del gemello superstite Jaroslaw Kaczynski); molti diritti di ultima generazione sono ancora in una fase embrionale e la parola gay resta ancora un tabù. Molti giovani in Europa guardano ancora con scetticismo questa Polonia, da diversi anni meta di turismo sessuale, di nuove possibilità di business e di pellegrinaggi nei luoghi del Papa: un mix decisamente esotico.