11 settembre 2011: Obama e Bush uniti a Ground Zero
A dieci anni dal primo attacco della storia agli Stati Uniti Il presidente democratico ed il suo predecessore repubblicano si sono stretti attorno ai parenti delle vittime. (Stefano Trani)
Tutta l’America era lì a Ground Zero. Ci sono loro, Barack Obama e George W. Bush. I due presidenti si sono ritrovati per la prima volta insieme a commemorare l’anniversario senza dubbio più doloroso della storia Usa, proprio a pochi mesi dall’uccisione di Osama Bin Laden. Obama e George sono americani che cadono in piedi, divisi da differenti visioni, ma questa volta fianco a fianco nel decimo anniversario dell'attacco alle Torri Gemelle.
Il palco è gremito, le emozioni sono percepibili ovunque nell’aria. Uomini dell’intelligence statunitense sono ovunque, poiché l’evento ha un importantissimo valore simbolico non solo per gli americani, ma anche per il terrorismo internazionale - di certo ferito ma non morto - e quindi nulla può essere lasciato al caso. Tuttavia la minaccia di nuovi attacchi è sopraffatta dall’immensa commozione dei presenti.
Tre intensi minuti di silenzio per ricordare. In contemporanea sono state organizzate altre cerimonie in Pennsylvania e al Pentagono, dove poi il presidente Obama si recherà per rendere omaggio ai parenti delle vittime.
A New York, dopo un commovente minuto di assoluto silenzio davanti al memoriale, Obama e l’ex presidente repubblicano hanno scambiato alcune parole ed abbracci con gli ospiti alla cerimonia, fra cui i parenti - veri protagonisti dell’evento - delle tante vittime: la commozione era forse impossibile da descrivibile. Si comincia alle 8:46 (ora locale), quando il primo aereo si è schiantato sulla Torre Nord. Il primo a prendere la parola è il sindaco di New York Michael Bloomberg. Per il primo cittadino il silenzio ha aiutato gli americani nel corso di questo difficile ultimo decennio a riflettere, a diventare saggi. Così ancora una volta l’erede di Giuliani chiede un minuto di silenzio ai presenti per tutte le vittime della giornata.
«Non avremo paura», è il salmo 46 della Bibbia che il presidente Obama ha scelto di leggere al mondo. I familiari leggono i nomi dei loro cari che si sono spenti l’11 settembre. Tanti messaggi d’amore del tipo «ci manchi» oppure «ti ricorderemo per sempre». Tutti cedono alla commozione quando i bambini leggono i nomi delle vittime.
Poi è il momento di G. W. Bush, il quale decide di leggere la nota lettera di Lincoln ad una madre che perse cinque figlioli durante la sanguinaria Guerra civile: «L'America non sarà mai distrutta dall’esterno. Se vacilliamo e perdiamo le nostre libertà sarà perché ci siamo distrutti noi stessi».
Il sindaco Bloomberg recita una frase del Macbeth di William Shakespeare: «La causa del vostro dolore non deve essere misurata dal suo valore, perché allora non avrebbe fine».
Nello stesso giorno c'è chi protesta poiché a dieci anni dall’evento terroristico - e le sue conseguenze - si sente non meno vittima degli statunitensi. In Pakistan in molti hanno mostrato cartelli che paragonano gli americani a dei terroristi. A Londra due persone sono state arrestate dopo che un gruppo di manifestanti islamici ha incendiato le bandiere a stelle e strisce dinnanzi all’ambasciata Usa. Ci sono stati scontri con la English Defence League, fazione della destra estrema. Park Lane è stata chiusa al traffico ed un membro della EDL è stato arrestato.
Lì dove si consumò l’attacco terroristico, subito dopo l’ultimo silenzio della giornata, Paul Simon ha cantato la toccante the Sound of Silence. Proprio il silenzio e Ground zero rappresentano la fortissima convinzione degli americani di voler voltare pagina: il mondo intero si augura che contengano anche messaggi di pace tra i popoli.