Gli ambientalisti scrivono a Monti. Il Ponte sullo Stretto va fermato

di Stefano Trani

Le organizzazioni Fai, Italia Nostra, Wwf, Legambiente e Man si appellano al governo tecnico di Monti affinché non finanzi un'opera considerata pericolosa, inutile e dannosa per l’ecosistema. (Stefano Trani)

ponte-sullo-stretto Le associazioni ambientaliste Fai, Italia Nostra, Wwf, Legambiente e Man (Associazione mediterranea per la natura) nutrono la speranza che un governo tecnico potrebbe finalmente cestinare il progetto del Ponte sullo Stretto, ecco perché hanno scritto una lettera al presidente del Consiglio Mario Monti.

Il Ponte contribuirebbe al rilancio dell’economia delle regioni meridionali, velocizzerebbe il trasporto delle merci oggi prevalentemente affidato ai Tir; l'inquinamento marino ed ambientale prodotto dai tanti traghetti che attraversano lo Stretto di Messina si annullerebbe con la costruzione dell’opera. Invece ieri a Roma è stata presentata una dettagliata "contro-documentazione" che ha ricordato i molteplici aspetti critici ed i paradossi del progetto che unirebbe la Sicilia al continente. Le 245 pagine di osservazioni - in stile tesi di laurea - che le organizzazioni hanno prodotto nell’ambito della procedura speciale definita come “Valutazione di Impatto Ambientale per le infrastrutture strategiche” presentano un dettagliato rapporto sull’odierna impraticabilità dell’opera.

Il problema di fondo per le associazioni ecologiste è che il Ponte è pericoloso in quanto sarebbe un suicidio ingegneristico compiuto in una zona altamente sismica del Mediterraneo; l'infrastruttura sarebbe inutile sia dal punto di vista della mobilità che della promozione dello sviluppo economico; il costo di circa 8,5 miliardi di euro è insostenibile, diversamente fondi del genere farebbero comodo alle aree interessate per far fronte ad altre priorità, quali ad esempio la siccità e la carenza infrastrutturale che frena lo sviluppo economico; è una minaccia paesaggistica ed ambientale, sia per l’impatto che avranno le decine di cantieri sulle due sponde dello Stretto, sia per ultimo la migrazione di milioni di volatili.

Il Ponte sullo Stretto ha prodotto nel corso degli anni accesi dibattiti, infiammato penne, ma nonostante il tempo trascorso, l’ambizioso progetto suscita sempre lo stesso interesse. Fai, Italia Nostra, Wwf, Legambiente e Man fanno notare nelle loro osservazioni che l’opera avrebbe una campata di ben 3,3 chilometri, mentre la più lunga esistente al mondo attualmente (Akashi Kaikyo, in Giappone) è di 1,9, km. Il ponte giapponese è solo stradale, per contro quello dello Stretto sarebbe sia stradale che ferroviario. Per costruirlo, per gli addetti ai lavori, sarebbero sufficienti appena 6 anni, mentre per Akashi Kaikyo ne sono occorsi all’incirca 12. I cantieri per i lavori occuperebbero inoltre sul versante siciliano uno spazio di oltre tremila campi da calcio, mentre su quello calabrese ne sarebbero sufficienti "solo" la metà.

Gli ambientalisti provano una diversa offensiva e preferiscono concentrarsi sul delicato momento economico del paese, anziché ripetere le innumerevoli denunce riguardo l’irrazionalità del progetto che in passato non hanno condotto a risultati concreti. Metterla sul piano dello spreco potrebbe risultare oggi una tattica vincente rispetto alle vecchie odi al paesaggio.

Diverse forze politiche, dal Pd all’Udc, da Fli ai Radicali erano presenti alla rassegna stampa delle organizzazioni ambientaliste. "Il Ponte è un progetto fallito ed incompatibile con l’attuale fase economica che sta vivendo il Paese - commentano i futuristi - da solo rappresenta un costo pari ad oltre un terzo dell’ultima manovra di governo". Il democratico Francesco Ferrante sottolinea invece un’altro aspetto: “Proprio perché quello in carica è un governo tecnico - sostiene - mi auguro che non abbia una posizione ideologica e fermi il progetto attraverso lo strumento costituzionale della valutazione di impatto ambientale”.

Nella loro lettera a Monti, come fatto presente in conferenza stampa, le associazioni denunciano tra l’altro l’incompletezza del progetto redatto dalla spa Stretto di Messina (concessionaria pubblica) e da Eurolink (contractor), un documento dal valore di 66 milioni di euro di fondi pubblici, ma che “non può essere assolutamente ritenuto definitivo” viste le tante lacune ed imprecisioni. Quest’ultimo è un punto di vitale importanza, perché fondamentale in caso di battaglia nelle sedi legali su possibili penali. Secondo gli ambientalisti, imponendo ora uno stop all’avvio dell’opera, lo Stato non sarebbe tenuto ad alcun esborso, non solo perché il progetto non sarebbe definitivo, ma anche perché la clausola che fissa la presentazione del progetto come ultimo atto entro il quale è possibile tirarsi indietro rappresenta “una condicio ex post di requisito di gara".

Stefano Lenzi del Wwf sostiene che il governo debba evitare il “punto del non ritorno” e rigettare il progetto definitivo. In un periodo in cui recuperare i fondi necessari per intervenire con riforme sul territorio appare come un esercizio per trapezisti, bisognerebbe stare alla larga da un’opera pubblica che prevede il pagamento di 56 milioni solo per il progetto esecutivo e di 425 milioni per l’avvio di un cantiere. Sul fronte legale le associazioni ambientaliste hanno presentato una diffida alla Commissione di valutazione di impatto ambientale ed avviato una interessante petizione popolare per far si che si sciolga la spa Stretto di Messina.

Per gli ambientalisti, qualora il ponte prendesse forma, all’orizzonte si vedrebbero - più che le coste messinesi - pericolose penali.