Intervista “Doppia” a Michele Grimaldi (PD) e Ulderico De Laurentiis (PDL)

di Francesco Gentile

Una riflessione a tutto campo a pochi giorni dalla grande, e discussa, manifestazione del giovani Indignados. (Francesco Enrico Gentile)

Intervista_doppia La manifestazione del 15 ottobre degli Indignados è stata da tanti definita come uno spartiacque, un punto di svolta delle dinamiche politiche non partitiche. Gli scontri, le parole d’ordine dei giovani impegnati, le ragioni di chi ritiene quella manifestazione un caso di ordine pubblico e chi invece insiste nel parlare di “primi passi di una nuova democrazia”: tutto concorre ad alimentare il flusso di riflessioni e di opinioni sul tema.

ServizioCivileMagazine prova a dare il suo contributo con un’intervista “doppia “ a due giovani impegnati in politica, nei due maggiori partiti del panorama nazionale: Partito Democratico e Popolo delle Libertà.

A Michele Grimaldi della Segreteria Nazionale dei Giovani democratici e a Ulderico De Laurentiis, della direzione Nazionale della Giovane Italia abbiamo posto una serie di domande per capire, insieme a loro, il punto di vista dei giovani che hanno scelto di impegnare il loro tempo nell’attività politica “tradizionale”.

 

Michele Grimaldi

Eri a Roma alla manifestazione del 15 ottobre?

 

C'ero. Assieme a oltre duecento Giovani Democratici della Campania. Abbiamo animato lo spezzone di corteo del comitato "Il nostro tempo è adesso".

 

Ulderico De Laurentiis

Eri a Roma alla manifestazione del 15 ottobre?

 

No l'ho seguita attraverso i media.

 

Perché?


C'ero perché credo sia compito della mia organizzazione stare nei luoghi del conflitto e del bisogno. Perché  era una manifestazione della quale condividevo e condivido le ragioni ispiratrici, la dinamica globale che vede nell'Europa politica la via di uscita dalla crisi, perché era una piazza che individuava nella casta della finanza e degli speculatori i veri responsabili delle disuguaglianze e dell'assenza di futuro che caratterizzano il nostro paese e la nostra vita.

Era una piazza che chiedeva redistribuzione di reddito, conoscenza, che parlava di democrazia e diritti.

Credo dovesse essere la piazza di tutti coloro che hanno come obiettivo quello di costruire un pensiero nuovo che subentri a quello neoliberista, forte negli ultimi venti anni a destra come in una parte della sinistra, e che tanti danni ha causato.

 

Perché?

 

Non ero alla manifestazione perché non condivido moltissimo del movimento degli indignati italiani. Ero consapevole fin dal principio che sarebbe stata strumentalizzata dalle sigle politiche di sinistra in funzione anti-governativa e soprattutto anti-Berlusconi. Una sciocchezza,  oltre che un peccato di miopia politica da parte di quel nucleo, che possiamo immaginare genuino, che ha dato vita al movimento in Italia.

 

Che idea ti sei fatto di quello che è successo alla manifestazione?


C'era chi non voleva il corteo fosse pacifico e che Piazza San Giovanni non si riempisse. Due attori avevano interesse a che ciò accadesse: il governo e frange antisistemiche e antipolitiche che non vogliono che il movimento cresca, crei consenso, sia pienamente inserito in un alveo e in un percorso democratico. La pessima gestione dell'ordine pubblico e le sconcertanti dichiarazioni del ministro Maroni, da un lato, e le oscene rivendicazioni di qualche pezzo minoritario dell'autonomia dall’altro ne sono la riconferma.

I violenti, da qualsiasi parte essi stiano, sono nemici del movimento e della democrazia e vanno combattuti con fermezza. Ma chi pensa a leggi speciali che restringano il campo della democrazia fa solo il loro gioco. E, per capirci, mi riferisco ad Alemanno, Di Pietro e Maroni.

Il punto che i commentatori hanno in parte tralasciato è stato il grande segnale di maturità che questo movimento ha dato rendendo palese, subito, la sua distanza con i violenti. Penso sia la prima volta che durante una manifestazione si manifesti così nettamente l’isolamento delle frange violente.

 

Che idea ti sei fatto di quello che è successo alla manifestazione?


Alla manifestazione è successo soprattutto che dei vandali hanno approfittato della situazione per  dare luogo ad istinti che hanno poco di umano, mossi dall'odio per le Forze dell'Ordine, dal gusto  di danneggiare e devastare. Quelli entrati in azione a Roma sembrano la versione post-adolescenziale e per qualche tratto politicizzata dei giovani senza una coscienza civile e senza null'altro da fare che in molte città, impiegano il proprio tempo nel produrre l'infinito elenco di scritte sgrammaticate sui muri, aiuole sterrate, panchine divelte e ogni altro genere di vandalismo, contribuendo allo scempio dei nostri centri storici, quasi ogni fine settimana. Dare fuoco all'utilitaria di un precario o aggredire un poliziotto che rischia la vita per mille euro al mese, non ha nulla di rivoluzionario. Non è anarchia. E' anomia.

 

Come definiresti il movimento degli indignados italiano e mondiale: un espressione democratica o semplicemente un problema di ordine pubblico?

 

Sarebbe sbagliato definire milioni di persone che manifestano pacificamente un problema di ordine pubblico. Significherebbe perpetuare lo stesso errore commesso prima, durante e dopo Genova.

Molti dei temi di quella stagione, che all'epoca sembravano sogni utopici, come la vicenda dei beni comuni piuttosto che della tobin tax, ogni sono la battaglia distintiva della nuova sinistra mondiale.

Il movimento degli indignati che nasce a Madrid e passa per Wall Street, Atene, Roma, segnala una nuova consapevolezza globale della necessità di un'inversione di rotta: la speculazione della finanza non è una degenerazione di un sistema sano, è la febbre di un sistema malato. Credo che quelle piazza siano il presupposto per cominciare a guardare oltre: il vero tema da porci è chi comanda e perché?

I cittadini ed il lavoro o il consumo e la speculazione?

Io credo si debba ripartire da qua.

 

Come definiresti il movimento degli indignados italiano e mondiale: un espressione democratica o semplicemente un problema di ordine pubblico?

 

Il movimento degli Indignados fino ad oggi si è presentato al mondo come un'espressione prevalentemente democratica, e credo che lo sia in larga parte anche in Italia, ma a Roma purtroppo ha  dimostrato di essere un problema di ordine pubblico, seppure in maniera indiretta. Ha dimostrato di non sapere e forse nemmeno voler gestire un corteo, con le conseguenze violente di cui ancora parlano tutti. A voler sembrare  troppo spontanei si rischia di essere manchevoli negli aspetti più delicati di una manifestazione.

 

Tu che dirigi con altri un’organizzazione giovanile di partito, come pensi che la Politica debba rispondere alle rivendicazioni del Movimento?

 

Non essendo sorda ne cercando di mettere il cappello. I partiti e la politica hanno il dovere di dare delle risposte. Elaborando pensieri, idee, e su questo costruendo programmi e laddove necessario conflitto democratico. Serve più politica, non meno. Senza la politica a decidere saranno le lobbies finanziarie che comprano i comitati elettorali, i direttori della banche centrali sostenuti dalle corporazioni e non votati da nessuno, gli speculatori che ricattano gli stati. Noi dobbiamo avere il coraggio di dire che si esce da questa crisi economica aggredendo il tema della crisi democratica: in altre parole ridando voce a chi voce non ne ha, ai cittadini, ai lavoratori, agli esclusi, alle fasce più deboli della società.

Tu che dirigi con altri un’organizzazione giovanile di partito, come pensi che la Politica debba rispondere alle rivendicazioni del Movimento?

 

Dipende dalle rivendicazioni. In alcuni casi sono del tutto prive di proposte, quasi assimilabili a semplici slogan. Mi sembra di capire che nel concreto, a seconda dei paesi, la protesta sia più o meno indirizzata contro il potere finanziario globale, il sistema bancario oppure i partiti, le istituzioni e le cosiddette "caste" con i loro privilegi. Le rivendicazioni del "Movimiento 15-M" spagnolo mi sembrano quasi sovrapponibili a quelle del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo. In Italia si è visto che sono molto più propensi al solito antiberlusconismo e colorati dalla sinistra. Occupy Wall Street è molto interessante nei contenuti. In ogni caso credo che parte della critica al sistema economico che muovono gli indignados potrebbe trovare un luogo di confronto anche nel centrodestra. E' la grande questione del primato dei Popoli e quindi della Politica sull'economia, il recupero del controllo dei cittadini sul sistema bancario, la disintossicazione da

un'economia "virtuale" per tornare a quella reale, il lavoro che diventi di nuovo un mezzo per ottenere moneta. Una moneta che sia di credito, non di debito. Per favorire un'inversione di rotta la politica dovrebbe tornare alla sua purezza, ridiventando centrale e al servizio dei popoli. Poco importa dimezzare lo stipendio ad un parlamentare o ridurne il numero stesso se poi tra questi restano individui che sono espressione di una lobby finanziaria o del potere cosiddetto tecnocratico e non rappresentanti della propria comunità. Gli interessi perseguiti rischiano di essere comunque altri rispetto al benessere generale. Nella crisi del nostro mondo un cittadino deve cimentarsi molto più in consapevolezza e voglia di rimboccarsi le maniche dando forza alla propria comunità che esser teso a protestare ad oltranza in una massa indistinta. Bisogna convincersi di iniziare ad esser se stessi il cambiamento che si vuole nel mondo.

 

 

Non credi ci sia il rischio che le tensioni sociali che sempre di più attraversano la vostra generazione possano funzionare come detonatore di un clima di violenza pericoloso ?

 

C'è un clima di rabbia nel nostro paese. E non parlarne, nasconderlo, non vuol dire risolvere il problema. Se i parlamenti non contano più e decidere sono strutture invisibili il rischio è un conflitto di tutti contro tutti, senza ne responsabili ne soggetti ritenuti interlocutori capaci di risolvere i problemi. Per questo, lo ripeto, è necessaria più politica e meno demagogia.

Alla nostra generazione è impedito di diventare adulti ovvero di avere un lavoro, poter affittare o compare casa, metter su famiglia. Ed anche i nostri genitori, un tempo definiti garantiti, non se la passano meglio. Il nostro compito è quello di dare voce a queste istanze e incanalarle in riforme vere, di sistema: credo che più spesa pubblica, risparmio energetico, redistribuzione del reddito e delle opportunità, lotta alla speculazione possano essere alcune della parole chiave. Serve un partito che si intesti queste battaglie. E credo che il PD lo stia facendo.

 

 

Non credi ci sia il rischio che le tensioni sociali che sempre di più attraversano la vostra generazione possano funzionare come detonatore di un clima di violenza pericoloso ?

 

Il rischio c'è e si sta anche manifestando, fortunatamente non ancora con frequenza sistemica. Il punto è come lo si scongiura. Innanzitutto cercando di capire che se esiste davvero un sistema, contro cui molti dicono di combattere, tanto invisibile quanto marcio, allora questo si alimenta e vive anche della tensione sociale e della violenza che ne può scaturire. Soprattutto se si intensificano episodi di "opposti estremismi" o se si consente che accadano di nuovo i fatti di Roma. Questo perché  al problema violenza, la maggioranza di una paese risponde sempre con una richiesta di ripristino dell'ordine e in casi estremi si arriva a chiedere una dura repressione. E uno Stato costretto a reprimere può ritrovarsi a comprimere le libertà con il consenso della maggioranza dei cittadini. Questo credo che non lo voglia nessuno. Quindi la violenza oltre che da aborrire a priori è anche da considerarsi una cosa poco furba, pro-sistema, non anti.

 

 

Cosa pensi debbano fare le organizzazioni giovanili di partito, gene razionalmente vicine a larga parte dei manifestanti, per impedire una svolta “nichilista” o peggio ancora un ritorno all’indifferenza e all’apatia? 

 

Esserci. E sostenere battaglie vere di rinnovamento. Non nascondersi dietro la tattica, la burocrazia, i calcoli di bottega. Ed avere il coraggio di sentirsi non guida ma parte integrante di una generazione che chiede solo speranza e futuro. Credo sia questo il nostro compito.

Cosa pensi debbano fare le organizzazioni giovanili di partito, generazionalmente vicine a larga  parte dei manifestanti, per impedire una svolta “nichilista” o peggio ancora un ritorno all’indifferenza e all’apatia? 

 

Devono condannare la violenza che abbiamo visto tutti, ma non deve essere l'unico argomentano di cui dibattono. Guardiamo anche ai motivi della protesta. Nel Mondo sta accadendo qualcosa di rilevante, non è sicuro ancora quale ne sarà la vera portata, ma non dobbiamo avere paura di parlarne, di condividerne alcuni aspetti, cercando di farli propri e trasformarli in azione politica così come di criticarne altri. Ci sono temi obiettivamente importanti che scaturiscono dalle mobilitazioni in atto, saremmo fuori dal presente e disinteressati del futuro se non ci facessimo carico di confrontarci con quanto sta accadendo o peggio se riducessimo tutto ad un'etichetta politica o ad un mero problema di ordine pubblico.

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