“La politica ritorni ad essere costruzione del futuro”: intervista a Marco Perissa, Presidente Nazionale della “Giovane Italia”

di Francesco Gentile

Il Presidente Nazionale dell'organizzazione giovanile del PDL racconta a ServizioCivileMagazine priorità, aspirazioni e proposte della Giovane Italia. (Francesco Enrico Gentile)

foto_marco_perissa Marco Perissa, classe 1982, è uno storico dirigente prima di Azione Giovani poi della Giovane Italia, nonché consigliere dell'XI Municipio di Roma. La scorsa settimana è divenuto Presidente Nazionale della "Giovane Italia" dopo le dimissioni di Giorgia Meloni.

Lo incontriamo nella sede del PDL in una Roma torrida. Ci accoglie nella pausa di una delle tante riunioni preparatorie per l'appuntamento di Fiuggi, una tre giorni nel corso della quale la Giovane Italia approfondirà la propria piattaforma politica.

Quali sono i primi passi da neo-presidente della Giovane Italia?
Sicuramente rilanciare l'azione politica del movimento in maniera unitaria. La 3 giorni di Fiuggi sarà per noi un'ottima occasione per approfondire e condividere la linea politica con l'intero movimento e un punto di ripartenza.
Per evitare però che il lavoro che faremo cada nel vuoto, andrà costruito, e ci stiamo già lavorando, un percorso di continuità ideale tra l'approfondimento politico e le proposte che emergeranno dalla tre giorni, il mese che ci separa dalla ratifica in Parlamento del trattato Esm e l'appuntamento di Atreju 2012 che sarà per noi l'occasioni di lanciare il "Decalogo contro la crisi".

Di che si tratta?
Le nostre proposte per attaccare il debito pubblico e per risollevare, far crescere e rimettere in moto l'economia reale.

Quali saranno le priorità della vostra azione politica?
La prima priorità è quella di dimostrare al nostro popolo che c'è ancora qualcuno in Italia che ha la voglia di difenderlo e la capacità di rappresentarlo. L'obiettivo è spostare l'asticella del dibattito politico italiano dai temi che sono lontani dall'interesse dei cittadini e riportarlo sui temi scottanti che toccano la vita delle persone.
Uno dei temi scottanti è sicuramente quello del mondo del lavoro e della sua riforma. In tutto il dibattito però tra esodati e art.18 sembra mancare il tema delle giovani generazioni.
In realtà sembra mancare una riforma del lavoro. A me sembra che alla fine si sia scelta la strada del compromesso per il compromesso, dato che sta a testimoniare come lo spirito positivo che diede vita ai Sindacati si sia perso tramutandoli in lobby che ingessano le possibilità di crescita e di sviluppo del nostro Paese.
D'altra parte, ed è un altro elemento che ci crea non poche perplessità, arrivare all'approvazione della riforma ponendo la fiducia parlamentare, strumento da usare con cautela soprattutto se si è un governo di nominati, nega al Parlamento la possibilità di intervenire.
Le giovani generazioni sono rimaste evidentemente fuori da questo dibattito.

Voi però avete una possibilità in più rispetto alle altre giovanili di partito: siete presenti in Parlamento con il vostro coordinatore nazionale, Annagrazia Calabria. Se si apre la possibilità di emendare la riforma, avete proposte da presentare alla Camera?
Certamente. Noi proponiamo di rivedere il "sistema lavoro" partendo da un assunto culturale molto serio: l'uomo non esiste per lavorare ma è il lavoro che esiste per dare soddisfazione all'uomo. Il lavoro deve tornare ad essere considerato lo strumento per la realizzazione piena dell'uomo.
Partendo da questo presupposto emerge il vero limite della riforma Fornero: non esiste conciliazione tra le classi anzi, esacerbalo scontro tra lavoratori e imprese in una fase in cui servirebbe unità e solidarietà.
Secondo noi quest'unità si realizza solo se il lavoratore partecipa pienamente alla vita dell'azienda, dalla co-gestione alla partecipazione agli utili, mutuando quindi il sistema tedesco.

E rispetto al tema della flessibilità?
La flessibilità è una conquista dei giovani. Nasce, infatti, dalla volontà di facilitare l'accesso al mondo del lavoro ma l'abuso che se ne è fatto in questi anni ha trasformato la flessibilità in precarietà.
È imprescindibile quindi prevedere in questo Paese un serio sistema di ammortizzatori sociali in grado di tutelare i precari.

Una proposta.
Noi proponiamo la totalizzazione dei contributi versati anche dai contratti atipici. Ad oggi, infatti, sui contratti a 6 mesi i contributi versati rischiano di andare perduti perché c'è una soglia minima di contributi versati che prevede un minimo di 3 anni. Sotto quella soglia i contributi versati non in maniera continua si rischia vadano persi.
Si tratta di un provvedimento a costo zero che mette i giovani in condizione di fruire di un sostegno.
Poi c'è un altro tema l'art.18. Occorre riformarlo per non obbligare, il datore di lavoro in caso di crisi economica a tenere il lavoratore. In caso contrario le conseguenze sono inevitabili: il datore di lavoro sarà, ovviamente, portato a preferire i contratti atipici se questi gli garantiscono la possibilità di alleggerire i costi del personale in caso di flessione del mercato.

Servizio Civile: il Ministro Riccardi ha annunciato la settimana scorsa la scelta, coraggiosa, di incrementare il Fondo Nazionale per il Servizio Civile con fondi del suo dicastero, prevedendo però possibili "sacrifici" da imporre ad altre aree di sua competenza. Se si prospettasse la possibilità che a questo sacrificio sia chiamato il Dipartimento della Gioventù, quali sarebbero le reazioni della Giovane Italia?
Il Servizio Civile Nazionale è un patrimonio che va difeso non a discapito di una categoria piuttosto che di un'altra. Mortificarlo equivale a mortificare la capacità dei giovani di mettersi a disposizione del prossimo.
Il Servizio civile assolve ad una funziona sociale duplice: consente ai ragazzi sia di approcciarsi in prima istanza con il mondo del lavoro, seppur attraverso il percorso associativo, si di scoprire realtà che troppo spesso rimangono nell'ombra ma che sono quelle che si caricano, in deroga alle carenze governative, il sostegno alle fasce più disagiate, la tutela del patrimonio artistico e culturale, etc.
Il Servizio Civile in quanto tale quindi è un valore aggiunto che consente ai giovani di mettere le proprie energie al servizio della collettività.
Il servizio Civile non può però essere usato come un contrappeso della bilancia. Sarebbe ingiusto togliere ai giovani per dare ai giovani.
Occorrerebbe la lungimiranza, ma mi rendo conto che un governo tecnico ne è privo, di investire sulle giovani generazioni.
C'è da dire però che i tagli al Servizio Civile sono l'eredità dei governi scorsi. Forse serve un'azione politica più incisiva delle organizzazioni politiche giovanili.
Noi come Giovane Italia ci siamo caricati di questo tema tempo fa perché siamo convinti che il Servizio Civile Nazionale sia un valore aggiunto per lo Stato e per i giovani e in molteplici sedi abbiamo posto il tema di come non tagliare i fondi. Siamo impegnati a far si che sul Servizio Civile si diffonda anche nel PDL una sensibilità e un'attenzione condivisa che poi deve, necessariamente, tradursi in atti.

Non pensi che su questo tema possa realizzarsi un'azione congiunta tra organizzazione politiche anche di estrazione diversa?
Siamo prontissimi, come già accaduto in passato, ad azioni insieme alle altre organizzazioni giovanili per sostenere e proteggere il Servizio Civile.
Se c'è un elemento che contraddistingue la mia organizzazione politica e quella dei giovani del PD è la capacità di ritrovarsi su temi condivisi, senza dare eccessivo peso alle bandiere di partito se queste battaglie sono utili per migliorare le condizioni di vita delle giovani generazioni.
Esperienze di azione comune sono per me l'espressione della speranza che la politica possa ancora fare qualcosa.

"La speranza che politica possa ancora fare qualcosa": partendo da questa tua affermazione, secondo te cosa deve fare la politica per contrastare fenomeni, pericolosi, di antipolitica?Pensi che i partiti politici siano in grado di rispondere all'ansia di cambiamento che emerge nel Paese?
Io penso che dobbiamo fare attenzione ad illudere i cittadini che esista una ricetta che possa curare tutti i mali. Abbiamo visto cadere sotto le macerie della Prima Repubblica alcuni stereotipi della politica; non abbiamo visto, purtroppo, cancellare dalla scena personaggi che hanno semplicemente cambiato abito. Credo quindi che piuttosto che concentrarsi su quale sia la forma di partito più giusta, la struttura più adatta, attardarsi su discussioni tecniche su impalcature istituzionali, presidenzialismi o altro, sia necessario ritornare ad occuparsi dei problemi del Paese.
Uno Stato è governabile a prescindere dalla legge elettorale perché sono le persone a fare le regole. Siamo passati da un sistema elettorale a preferenze a un sistema elettorale a lista chiusa perché le preferenze avevano prodotto azioni di interdizione e di ostacolo al normale processo democratico.
Ora critichiamo il sistema a listino per la stessa ragione. Io penso che un ritorno alle preferenze sia utile perché restituisce al popolo un protagonismo nella realizzazione delle scelte politiche sapendo però che le criticità degli anni scorsi restano.
Dico questo per dimostrare che non esistono ricette in grado di risolvere tutto se non una: anteporre l'interesse generale agli interessi del Paese.

2013: Marco Perissa diventa Presidente del Consiglio. Su quali temi ti impegneresti nei primi 100 giorni di mandato?
Non ci ho mai pensato! Scherzo. Il primo tema sarebbe l'Europa.

Ovvero?
Noi oggi assistiamo ad un completo capovolgimento dell'ordine gerarchico in cui la politica è totalmente subordinata all'economia e il Popolo europeo è attanagliato da una crisi che trova la sua origine in un mondo irreale, quello della finanza speculativa. Il nostro Paese viene penalizzata quotidianamente da logiche di valutazione che non tengono conto dell'andamento dell'economia reale o del debito privato.
Non bisogna dimenticare che questa crisi nasce in America non sul debito pubblico, elemento utilizzato per valutare la credibilità degli Stati europei, ma sulla bolla finanziaria immobiliare e quindi sul debito privato, ovvero sull'incapacità dei cittadini americani di pagare i debiti con le banche americane.
Questo cortocircuito è il segnale della resa della Politica alla finanza speculativa. Uscire dalla crisi è possibile solo riordinando la gerarchia delle cose, ovvero la politica che governa l'economia. È quindi necessario ripensare l'Europa, la BCE, il ruolo dell'Italia in Europa anche nel rapporto con la Germania.
Finché la politica europea, facendo leva sul mondo surreale della finanza speculativa, impone politiche di austerity che minano alla base il mercato reale e non ci concentriamo su serie politiche di sviluppo e crescita, noi da questa crisi non ne usciremo.

Tre parole d'ordine che caratterizzeranno la presidenza di Marco Perissa.
Valorizzare: le proposte, la classe dirigente, i contenuti, il radicamento territoriale.
Aggredire: chi difende i propri interessi anziché quelli della propria terra, il debito pubblico per contestualizzarlo al momento di crisi.
Provocare. Sempre. Perché attraverso le provocazioni si addiviene ad un dibattito e quindi alla soluzione migliore. Noi questa responsabilità ce la prendiamo.