Napoli, morire a 20anni: scene di quotidiana violenza

di Anna Laudati

Nel traffico, si discute, si litiga, poi si scende dalle macchine e c’è chi alza le mani e se si è armati c’è chi usa l’arma e c’è qualcuno che si ferisce o muore. La sera di pasquetta a Napoli è morto così un giovane di Scampia (di Francesco Enrico Gentile)

ansa_15543509_09190.jpgQualche secolo fa qualcuno definì Napoli “l’unica città orientale a non avere un quartiere europeo” mentre Benedetto Croce apostrofava la città partenopea come un “paradiso abitato da diavoli”. La notizia della uccisione di Giovanni Tagliaferri, un 21enne nel centro della città per motivi futili sembra ancora una volta confermare le definizioni appena riportate. (foto Ansa)

I fatti: in una serata come tante altre due macchine si affiancano nel traffico, cominciano a discutere, dalle parole passano rapidamente alle mani, sbuca un coltello e un ragazzo di 21 anni muore. La dinamica raccontata dagli investigatori sembra essere questa, anche se ora dopo ora si aggiungono particolari che rendono la vicenda al tempo stesso più torbida e ancor di più stupidamente incomprensibile. Fa rabbrividire il carico di violenza gratuita che può scoppiare da un momento all’altro lasciando sul selciato una giovane vita.

Fa paura ancora di più il clima di complessiva indifferenza che sta accompagnando questa tragedia. Basta parlare con qualche giovane napoletano per cogliere, seppur in un quadro di sincero dispiacere per una morte così, il profondo fatalismo che oramai serpeggia tra i ragazzi e le ragazze napoletane. Mattia, 20 anni, incontrato in uno dei tanti bar della zona universitaria ci dice “ È assurdo quello che è capitato a quel ragazzo. Ancora più sconvolgente è sapere che possa capitare a me o a qualcuno dei miei amici. Sembra quasi di vivere nel bel mezzo di una guerra e sapere che prima o poi una bomba possa colpirti.”

Di segno nettamente diverso è invece il pensiero di Claudia, 18 anni, secondo cui “in fondo doveva aspettarselo. Non si guardano le ragazze degli altri”. Certo, le opinioni di due ragazzi sulle centinaia di migliaia che vivono in città non rappresentano un campione attendibile, ma di certo aiutano a comprendere un dato: è in corso una profonda lacerazione nel tessuto civile di questa città. Una lacerazione che ci parla di un continuo abbassamento delle difese valoriali e collettive ad episodi di violenza ma che anzi, proprio con la violenza si manifesta continuamente e tragicamente.