Da Avatar a Second LIfe. Seconde vite per i diversamente abili

di Anna Laudati

Un'altra possibilità grazie a Second Life. Così come in "Avatar" navigando in rete si può vivere un'altra identità e diventare chi si vuol essere. Possibilità o frustrazione? (Veronica Centamore)

Avatar

Avatar è un film di fantascienza del 2009 scritto, diretto e prodotto da James Cameron. Come nel film, i disabili possono trovare sul web il loro pianeta Pandora, che in questo caso si chiama Second Life. Non è un semplice gioco online, è una vera e propria seconda vita in rete.

Si crea l'alter ego virtuale e si inizia a vivere nel Mondo di Second Life. Un Mondo virtuale simile a quello reale. Bisognerà trovarsi un lavoro, studiare, uscire con gli amici, fare shopping, frequentare locali, andare in piscina e molto altro ancora. La partecipazione è mediata da un avatar, un alter ego che può essere creato a immagine e somiglianza dell’utente a cui si può attribuire, a propria discrezione, anche un’ampia gamma di caratteristiche fisiche, psicologiche e attitudinali. Il disabile può quindi decidere se rappresentare se stesso libero dall’handicap o meno.

Avere quindi la chance della "perfezione" (per quanto questa accezione possa essere felice). Per tutte le persone avere un'altra possibilità, una vita alternativa dove tutto si può decidere e dove tutto può essere come si vuole.. è un sogno che si avvera figurarsi per i disabili.

Per loro la vita virtuale può diventare un'opportunità per superare i limiti imposti dalla propria condizione e compiere azioni e gesti a loro abitualmente preclusi come camminare o danzare, esplorare, fare incontri e comunicare, realizzare progetti, viaggiare e teletrasportarsi (questo riesce difficile un pò a tutti) ma la cosa ancora più importante è l'aspetto della socializzazione.

Gli autori della ricerca, ionfatti, propongono Second Life come parte integrante dei programmi di riabilitazione perchè il web evitando il contatto face to face abbatte le inibizioni che abitualmente ci si porta nella vita di tutti i giorni, disabili e non, ovviamente per chi vive una condizione di disagio o perlomeno per chi vive la disabilità come tale, questa può essere la possibilità migliore.

Il web come filtro per la vita dunque ma non come "sostituto", come mezzo ma non come unico mezzo e soprattutto non deve diventare un motivo di frustrazione per la persona. E' fondamentale che la frequentazione del mondo virtuale da parte delle persone con disabilità avvenga con la consapevolezza del gioco fine a se stesso senza creare frustrazioni o non accettazioni da parte della psiche sulle reali condizioni della persona.

Altrimenti quella che inizialmente viene vista come un'occasione finirebbe per diventare un ulteriore forma di disagio. Magari se Giacomo Leopardi fosse vissuto nella nostra genezione forse sarebbe stato più sereno ma probabilmente non avrebbe scritto quelle opere meravigliose e non si sarebbe mai affacciato per vedere "l'ermo colle..."